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Effetti della pubblicità e della violenza in TV sui minori

di Giulia Rosoni

Se consideriamo le ore davanti alla televisione, più quelle passate a scuola, bambini e adolescenti passano almeno 1/3 della giornata seduti in condizione passiva o semipassiva, di ascolto o visione assoluta. La TV di per sé è invasiva e violenta, le immagini catturano, invadono e ipnotizzano attraverso il tipo di proiezione, la velocità, il movimento, l’ associazione con parole e musica: tutti questi fattori sono studiati per non lasciare ai bambini tempi di riflessione e auto ascolto, proprio nelle fasi in cui sono maggiormente suggestionabili, hanno una capacità ridotta di giudizio, una mancata visione d’insieme, un esame di realtà parziale. La televisione ha un effetto diretto di tipo duplice: riduce l’attività motoria e cognitiva; induce ad alterare la percezione della realtà. Bambino e adolescente finiscono per essere rinchiusi in una realtà illusoria; di pari passo va la mancanza di strumenti da parte degli adulti per capire ciò che accade al bambino e stemperare, spiegare e alleggerire le rappresentazioni. Inoltre il tempo della TV dei bambini non ha mai fine. Non esistono conseguenze, i mutamenti non producono mai effetti a lungo termine; prevale l’immagine e la comunicazione non verbale, che per essere più facilmente fruibile viene proposta nelle sue accezioni più riduttive: stereotipizzazione dei tratti, dei ruoli , degli status e dei caratteri.

BAMBINI E PUBBLICITA’

Questo particolare tipo di comunicazione mediatica, diventato un vero e proprio genere televisivo, possiede numerose caratteristiche in grado di attirare un pubblico giovane: velocità delle immagini, allegria delle musiche, presenza di personaggi famosi con cui identificarsi, e elementi in grado di facilitare la memorizzazione: la possibilità di identificarsi; il clima felice (pensiamo all’immagine rassicurante della famiglia del mulino bianco); lo sviluppo di piccole avventure, fatte di animali parlanti, coraggiosi esploratori, giovani principi e principesse; il ritmo breve che ben si adatta ai tempio di attenzione del bambino; la ripetizione che rende lo spot un sottofondo quotidiano.

Esistono poi caratteristiche che fanno penetrare la pubblicità nel linguaggio e nel modo di pensare del bambino: il continuo movimento delle immagini richiede un’ attenzione costante; non viene poi di fatto dati il tempo ai bambini di riflettere su ciò che hanno visto e udito, dato l’incalzante susseguirsi degli spot.

Gli spot indirizzati ai bambini sono ricchi di emozioni e di stimoli cognitivi, come le immagini di testimonial con cui identificarsi. C’è inoltre un forte richiamo a valori, sfide e pressioni dal gruppo sociale. La comunicazione pubblicitaria agisce sui bisogni caratteristici di bambini e adolescenti, attraverso la promessa di una elevato livello di successo e accettazione sociale mediante acquisto di merce. Si punta molto a creare uno stato di discrepanza tra il mondo idilliaco della TV e il mono reale in cui il minore vive, rischiando (nei casi più estremi) di creare un profondo senso di insoddisfazione. Gli effetti della pubblicità non sono gli stessi in tutti bambini in quanto diverse variabili sono da tenere in considerazione: l’influenza della pubblicità può essere maggiore o minore in funzione del controllo esercitato dai genitori, dal livello di istruzione, dell’età del bambino. Fino ai 6-7 anni i bambini non discriminano tra una pubblicità e un'altra e non hanno chiaro lo scopo del messaggio pubblicitario. Cosa fare quindi per limitare gli effetti negativi di una eccessiva fruizione? Con i bambini più grandi si può lavorare per aumentare la loro capacità critica: questo può essere fatto aiutandoli a decodificare le immagini, capire le intenzioni dei pubblicitari e i loro trucchi, e a capire la differenza tra un bisogno reale e ciò che gli spot inducono a voler comprare.

VIOLENZA IN TV E EFFETTI SUI MINORI

E’ stato stimato che in media un bambino assiste a 10 casi di violenza in tv al giorno, tre dei quali si concludono con la morte. Per lo più appaiono crimini violenti, omicidi, terrorismo e violenza sessuale, con uno scarso rilievo attribuito alle componenti “umane” delle vicenda. Inoltre, altri tipi di crimine ritenuti meno “attraenti”, risulterebbero sottorappresentati: la criminalità economica e contro il patrimonio.

La televisione offre tre rappresentazioni della violenza: minacce, comportamenti violenti e conseguenze fisiche.

C’è una sostanziale tendenza a spettacolarizzare l’evento, proponendo immagini in successione con la logica della fiction, causando di fatto una sottostima delle conseguenze.

I dati non pongono dubbi sul ruolo della violenza televisiva, nell’induzione di tendenze aggressive a breve termine. Più controverso e complesso invece, dimostrarne il ruolo a lungo termine. Ad esempio, è stata trovata una correlazione positiva fra esposizione duratura a spettacoli violenti e aggressività, ma la determinazione della causa e dell’effetto può andare in entrambe le direzioni, ovvero: la visione di scene violente potrebbe predisporre all’aggressività, allo stesso modo gli individui aggressivi potrebbero prediligere programmi violenti. Sappiamo che esiste un nesso ma non conosciamo la direzione dell’una e dell’altra determinante

EFFETTI SU BAMBINI DI ETA’ DIVERSA

Nelle diverse Età i bambini guardano e concepiscono la TV in modo diverso, a causa del diverso livello di attenzione, del modo di cogliere le informazioni, dell’entità dello sforzo mentale che investono e le proprie esperienze di vita. Fino alla media infanzia, il bambino è attratto dalle caratteristiche dell’ immagine (colore, movimento, velocità); non è la violenza in sé ad attrarre il piccolo spettatori, ma le sue caratteristiche vivide e di forte impatto percettivo; non sono però in grado di cogliere motivazioni e conseguenze della violenza. Diversa è la situazione a partire dall’età scolare e in adolescenza:

L’intervento dell’adulto appare quindi fondamentale: egli ha il compito di spiegare al bambino ciò che sta vedendo, aiutandolo ad interpretare le notizie e le immagini veicolate dalla TV. Non è necessario impedire la visione di queste immagini, l’importante è attribuire loro un senso, dicendo la verità e utilizzando un linguaggio semplice e adatto all’età e alle capacità di comprensione del piccolo. Se l’informazione sul conflitto viene data dalla tv, alla famiglia e agli adulti spetta il compito di mediare ai bambini questo contenuto.

BIBLIOGRAFIA

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R.Rumiati,L.Lotto (2007) introduzione alla psicologia della comunicazione, Bologna, Il Mulino

V.Macchi Cassia, E.Valenza, F.Simion (2004) Lo sviluppo cognitivo (dalle teorie classiche ai nuovi orientamenti), Bologna, Il Mulino

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V.Codeluppi (2010) Persuasi e felici? , Roma Carrocci

SITOGRAFIA

http://nuke.dubbieverita.it/Portals/0/Bambini/Media/Articoli/OM_minori_violenza.pdf

http://www.marionegri.it/mn/it/docs/servizi/26_Bambini_e_TV.pdf

http://www.psiconline.it/article.php?sid=9635

http://it.over-blog.com/profil/blogueur-3529315.html

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