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Le norme sulla parità di genere e le regole di cittadinanza attiva

di Claudia Moretti

Quali sono le regole in materia di uguaglianza e pari opportunità uomo-donna? Come fare per orientarsi nei cavilli di legge senza perdersi o scoraggiarsi? In che modi l'azione di ciascuno di noi può contribuire a cambiare le cose?

Avvicinarsi al diritto in generale per un profano non è cosa semplice: scoprirà che tante leggi, leggiucchie, regolamenti, convenzioni dicono fino alla noia le stesse cose e che molte belle parole contenute nelle norme rimangono lettera morta.

In materia di pari opportunità, ad esempio, scoprirà che diversi organi comitati e istituzioni, nazionali e sovranazionali, si dovrebbero occupare – anche sovrapponendosi – di sanzionare chi lede la dignità della donna in ogni suo aspetto e vigilare sul rispetto delle regole in materia di rappresentazione della donna in tv. A chi di loro dobbiamo rivolgerci?

Ripercorrere le tappe storiche dell'uguaglianza di genere e del cammino delle pari opportunità, è utile per accorgersi di quanto umano sia, in fondo, il diritto degli uomini.

La legge è una fotografia imperfetta della società. Essa ritrae le lotte e gli afflati del passato, concretizzandone le conquiste, ritrae cambiamenti intervenuti o anticipando i cambiamenti ai quali si aspira, non ancora diffusi fra la gente. Accade che sia una foto in bianco e nero, quando lo stato “è rimasto indietro” - con leggi superate - rispetto al corso della vita, del costume e della coscienza collettiva. A volte, invece, è una foto di tempi futuri, ai quali ancora non si riesce proprio ad assomigliare (ed è il caso delle regole -molte, ben scritte e in gran parte inattuate- sulla lotta agli stereotipi di genere).

Questo è quanto appare al profano (e non solo al profano) addentrandosi nelle norme sulle pari opportunità, dalle origini ad oggi: tante istantanee di periodi diversi nei quali si materializza la volontà di giungere alla piena parità di genere. Tramite percorsi tortuosi e spesso contraddittori o ad intermittenza, si è fatto strada nella legge un principio, tradotto via via in azioni concrete. Dalle timide lotte europee degli anni '50-'60 per l'uguaglianza salariale per uguale lavoro, si è passati all'uguaglianza salariale per lavoro di eguale valore (la differenza apparentemente innocua, ha invece significato un grande balzo in avanti nell'affermazione del diritto delle donne), si arriva agli anni '70, quando si affianca ai concetti di non discriminazione e uguaglianza, quello di pari opportunità (che si fonda sulla diversità di genere, anziché sull'identità), con provvedimenti europei sulla previdenza sociale, sulla maternità prima (e sulla paternità poi, con i congedi parentali), sulla sicurezza sul lavoro, sulla conciliazione lavoro-famiglia, sulla formazione professionale. Solo negli ultimi decenni si è arrivati a concepire l'importanza e la necessità delle azioni positive (c.d. positive actions di matrice americana), ossia di procedere con quella che potremmo definire “una temporanea discriminazione al contrario” che consenta il riequilibrio fra generi negli organi di rappresentanza nelle istituzioni e nella società civile (si pensi alla recente legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione).

Qui un quadro sintetico della normativa europea in materia di pari opportunità fra generi: http://europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/equality_between_men_and_women/index_it.htm

La nostra legge italiana ha seguito – per ragioni di rispetto dei trattati e delle convenzioni internazionali - passo passo quella comunitaria ed internazionale (ad esempio la Convenzione CEDAW:http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/b_patti_conv_protoc/a_testi_7_conv_pricip/d_cedaw_donne/home_cedaw.html). Oggi possiamo contare su un Codice delle Pari Opportunità (Decreto Legislativo n. 198/2006, http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/normativa-nazionale/218-normativa-in-materia-di-pari-opportunita) che raccoglie le varie leggi pregresse di attuazione delle direttive comunitarie in materia. Così come possiamo contare su regole chiare anche in merito alla rappresentazione di genere e sulla lotta agli stereotipi. Il nostro Paese, volente o nolente, ha dovuto, anche su questo argomento, emanare leggi interne che si allineassero ai dettami provenienti dall'estero. Nella teoria ha fatto di più: ha emanato regolamenti, procedure, codici di autoregolamentazione che garantiscono alle donne pari dignità in Tv e nelle pubblicità (ad esempio il Codice etico della Rai: http://www.rai.it/dl/docs/%5B1232098969253%5Dcodice_etico.pdf, al Codice di Autoregolamentazione di Tv e Minori: http://www.assostampa.org/documenti/minori.pdf e al Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale, http://www.iap.it/it/codice.htm ).

Molto di tutto ciò rimane, per adesso, lettera morta: ancora abbiamo programmi tv e numerosi spot che umiliano la donna, riducendola troppe volte al solo ruolo di valletta o mera presenza spalla di un presentatore di genere maschile.

E allora che fare? Se esiste un tale complesso normativo a disposizione del cittadino, come usarlo per contribuire a cambiare le cose?

In primo luogo occorre darsi e chiarirsi gli obiettivi del nostro agire. Far sentire la propria voce può, infatti voler dire molte cose, e si possono scegliere vari livelli di “cittadinanza attiva”. Incanalare il nostro giusto sdegno in una via “civile” che favorisca il cambiamento ci fa sentire meno impotenti, più responsabili e consapevoli del nostro potere di utente.

Si può decidere anche semplicemente di “esserci”, partecipare, “fare opinione”; o si può denunciare, protestare, esprimere malcontento, fosse anche col solo intento di far parte e allargare il numero dei malcontenti (confidando che i grandi numeri smuovano le cose e contribuiscano al cambiamento del costume). Si può decidere di attivare procedure istituzionali o convenzionali di segnalazione e protesta che promuovano il cambiamento auspicato, fino alla promozione di vere e proprie azioni giudiziarie. Ma si può anche decidere di proporsi in modo positivo, per partecipare attivamente ai processi decisionali.

Quale sia l'obbiettivo preposto, ci troveremo di fronte alla “valanga” di regole, istituti, organi responsabili, statuti, codici che si accatastano - confusamente spesso - nel web.

Occorre, allora, non scoraggiarsi e non lasciar perdere. Occorre tener sempre presente che tutte le regole che ci troveremo ad affrontare sono scritte per noi, per tutelare i nostri diritti, di donna e di uomo. Per quanto caotiche, dobbiamo poterle mettere a nostro servizio, perché tutto l'impianto normativo ha ragion d'essere se -e solo se - noi, che ne siamo destinatari, possiamo realmente usufruirne. Non dobbiamo lasciarci intimorire dalla forma, spesso contorta, aulica, o dal “legalese”: le norme sono parole, discorsi, linguaggio, al pari di un romanzo o di un saggio. Non sono grafici né calcoli strutturali di cemento armato. Le regole sono parole di uomini rivolte ad altri uomini: vanno interpretate come si interpretano gli altri scritti: secondo il significato dei periodi, frasi, parole, ragionevolezza e buon senso. Tutti noi, dunque, siamo perfettamente in grado di leggere una legge, un protocollo, una direttiva europea, una convenzione internazionale un codice etico, dal primo articolo all'ultimo e di comprendere cosa dice e cosa non dice: perché a noi si rivolge, direttamente o indirettamente. Occorre legge un testo di legge andando al sodo, ed isolando, fra richiami rinvii, commi ed altro, i principi. Usare l'intelligenza selettiva, per individuare, scremare, e enucleare ciò che ci interessa. Per procedere, a meno che non si proceda legalmente (nel qual caso ci si rivolgerà ad un professionista), non abbiamo l'esigenza di comprendere tutto. Il diritto è molto più umano di quanto si possa pensare all'esterno, e con approccio umano va letto e utilizzato.

Da dove cominciare? A seconda degli obiettivi e del tempo che ciascuno intende dedicare alla propria attività di cittadinanza attiva, si può utilizzare un approccio per così dire dall'alto ed uno dal basso, entrambi utili. Se applicati insieme formano un solido strumento di lotta e di cittadinanza attiva. Nel primo si tenta di ricostruire la materia in modo sistematico, tentando di farsi un quadro d'insieme delle norme e degli istituti che interessano la materia, recandosi in libreria, ricorrendo alla manualistica sintetica e alle guide pratiche ad uso e consumo di tutti, oppure leggendo nella sua interezza un sito istituzionale ben fatto, alla voce “normativa”, “legislazione” ecc... (es. utile è leggere integralmente il sito del Ministero delle pari opportunità alle voci normativa nazionale e comunitaria: http://www.pariopportunita.gov.it/)

Per prima cosa occorre tener presente che le leggi non sono tutte uguali, ed individuare quale legge “conta di più”. Il nostro ordinamento giuridico (inteso come l'insieme delle norme, regolamenti, di vario rango, che regolano il nostro vivere) è assai composito e si presenta agli occhi del cittadino come un magma di norme di varia provenienza e di varie epoche. Che differenza c'è fra una convenzione internazionale Onu e la Carta europea dei diritti fondamentali? Qual è più vincolante fra le due norme, quella contenuta nella Costituzione oppure quella contenuta in una direttiva europea? E fra una legge e un codice di autoregolamentazione?

Le norme vanno, dunque, inserite in un ordine gerarchico, dalla più “forte” alla più “debole”. Le convenzioni internazionali e l'Onu, ad esempio, o il Trattato dell'Unione Europea ed i suoi regolamenti, ma anche le direttive e le sentenze della Corte di Giustizia dell'unione prevalgono per importanza (e dunque vanno sempre applicate prima e sopra le altre) rispetto alle leggi italiane.

Cosa succede se due norme disciplinano in modo diverso la stessa cosa? Quale devo applicare? Se si tratta di norme di pari rango, si applica quella più recente, diversamente si applicherà quella di rango superiore anche se più risalente nel tempo.

Una volta ricostruita la mappa delle leggi, (o anche senza, per chi fin da subito decide di avere un approccio dal basso, o random) saremo in grado di collocare correttamente, per ordine di importanza ed efficacia, tutte le regole e gli “attori” del settore dove intendiamo muoverci.

Consultare il motore di ricerca Google è sempre un ottima partenza (anche i giuristi se ne servono a man bassa): si troveranno molti atti e scritti diversi, provenienti e promanati da diversi organi o soggetti. Distingueremo per prima cosa i documenti provenienti dagli organi istituzionali da quelli provenienti dagli organi non istituzionali e ne individueremo gli autori. Cercheremo di comprenderne esattamente quali siano le competenze generali. Quanto potere ha l'organo o l'istituzione alla quale intendiamo rivolgerci? Ha compiti normativi o regolamentari? Può, ad esempio, cambiare una legge? Comprendere il “potere” dell'autore e la “forza” della norma che da esso promana, significa guardare con occhi realistici e più consapevoli alle competenze speciali nel settore che ci interessa ed essere in grado di dare più o meno peso alle medesime frasi, parole, statuizioni di principio, a seconda che si trovino in un documento piuttosto che in un altro.

Ad esempio, ciò che trovo nel Codice etico Rai, mi apparirà più “blando” e di minor forza di legge, rispetto ad un atto della Commissione di Vigilanza Rai, oppure rispetto ad una norma internazionale. Potremo individuare le singole attività che intendo promuovere sapendo chi può far cosa, e non esponendoci alla più facile e “italiana” delle censure: “non abbiamo i poteri per farlo, rivolgi pure la tua protesta altrove”. Si cercherà di individuare eventuali strumenti già predisposti dall'organo a disposizione dell'utenza tramite modulistica da inviare on line, o meno.

Fra le regole, inoltre, si cercherà di individuare quelle che statuiscono regole di comportamento e principi, quelle che recano sanzioni in caso di violazione ed i procedimenti per attivarle. E poi ancora: cercheremo i contatti diretti con i vertici delle istituzioni, organi comitati, individuando le persone fisiche che presiedono agli incarichi valutandone la credibilità e la fiducia che ispirano; indagheremo nella storia dell'istituzione e dell'organo documenti passati che ci raccontino cosa in concreto ha fatto quell'ente per la nostra battaglia, così da poterli invocare come precedente utile; verificheremo procedimenti sanzionatori che possiamo poi richiamare nella nostra protesta. Infine scriveremo, segnaleremo e racconteremo, promuovendo azioni anche giudiziarie o politiche, avendo cura di raccontare i fatti chiaramente e in modo sintetico, meglio se per punti, dividendo il nostro scritto in premessa, e richieste. Infine divulgheremo il nostro scritto e le nostre iniziative nei blog di interesse specifico, invitando il lettore a fare altrettanto, o a commentare.

Esempio di cittadinanza attiva

Uno strumento che sino ad oggi si è rivelato efficaci è il Codice di Regolamentazione della Pubblicità commerciale, nato in seno alla società civile, ai professionisti e produttori di pubblicità, costituiti nell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria: http://www.iap.it/it/codice.htm che di recente ha subito una vera e propria “istituzionalizzazione” e applicazione generale, per cui si può dire che, sebbene non abbia forza di legge, nella pratica finisce per esser vincolante al pari della legge.
Ecco le disposizioni ivi contenute, utili per la nostra protesta e gli step da seguire:

Si individuano le regole

Art. 9 – Violenza, volgarità, indecenza
La comunicazione commerciale non deve contenere affermazioni o rappresentazioni di violenza fisica o morale o tali che, secondo il gusto e la sensibilità dei consumatori, debbano ritenersi indecenti, volgari o ripugnanti.

Art. 10 – Convinzioni morali, civili, religiose e dignità della persona
La comunicazione commerciale non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose. Essa deve rispettare la dignità della persona in tutte le sue forme ed espressioni e deve evitare ogni forma di discriminazione.

Si individuano gli organi, le funzioni e le competenze:

Art. 32 – Funzioni del Giurì e del Comitato di Controllo
Il Giurì esamina la comunicazione commerciale che gli viene sottoposta e si pronuncia su di essa secondo il presente Codice.
Il Comitato di Controllo:
sottopone in via autonoma al Giurì, anche in seguito a segnalazioni pervenute, la comunicazione commerciale a suo parere non conforme alle norme del Codice [...]

Si individua la norma sui diritti dell'utente, e sulle possibilità di protesta.

Art. 36 – Istanze al Giurì e segnalazioni al Comitato di Controllo
Chiunque ritenga di subire pregiudizio da attività di comunicazione commerciale contrarie al Codice di Autodisciplina può richiedere l'intervento del Giurì nei confronti di chi, avendo accettato il Codice stesso in una qualsiasi delle forme indicate nelle Norme Preliminari e Generali, abbia compiuto le attività ritenute pregiudizievoli.
La parte interessata deve presentare una istanza scritta indicando la comunicazione commerciale che intende sottoporre all'esame del Giurì, esponendo le proprie ragioni, allegando la relativa documentazione e i previsti diritti d'istanza.
I singoli consumatori, come le loro associazioni, possono gratuitamente segnalare al Comitato di Controllo la comunicazione commerciale ritenuta non conforme alle norme del Codice di Autodisciplina che tutelano gli interessi generali del pubblico.

Si cerca, inoltre, nel sito (http://www.iap.it/it/indingiu.htm) un esempio di sanzione applicata e di ritiro di una pubblicità non conforme al codice. Un esempio è il caso di uno spot proposto da Ryanair, ove le hostes venivano ritratte in modo sensuale, come personale a disposizione per favori sessuali (http://www.iap.it/it/cdc/2011/c0032011.htm)

Si potrà, dunque, utilizzare la modulistica a disposizione per le segnalazioni http://www.iap.it/it/messaggi.htm.

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