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LA TV DEL DUOPOLIO PRE-DIGITALE (ANNI '90 – INIZIO ANNI 2000)

L’ultimo decennio del XX secolo spiana definitivamente la strada alla TV commerciale, insieme al duopolio: già nel 1990 la Legge Mammì regolarizza il gruppo Fininvest, con norme antitrust confezionate ad hoc, che riconoscono la legittimità delle imprese multimediali, con un tetto massimo di 3 reti televisive per proprietario; un ulteriore slancio all’emittenza privata arriva nei 2 anni successivi con la concessione della diretta, insieme all’obbligo d’inserire almeno un notiziario nei palinsesti di ciascun gruppo (Studio aperto inaugura i telegiornali di casa Fininvest, che guadagnano credibilità e risalto arrivando per primi a diffondere le notizie sulla 1° Guerra del Golfo).

Il 1990 annovera anche l’esordio della prima pay-tv italiana, Telepiù, che inizia a trasmettere via etere, con 3 canali non generalisti ma monotematici (l’offerta iniziale si divide tra cinema, sport, e cultura) e senza pubblicità, a segnale criptato (anche se inizialmente con fasce orarie in chiaro, a scopo promozionale) per fasce mirate di abbonati; i proprietari sono Vittorio Cecchi Gori e Silvio Berlusconi, il quale dal 1991-92 riduce la sua partecipazione nel pacchetto azionario a quote di netta minoranza, su pressioni del mondo politico che peraltro traballa, nel contesto segnato da Tangentopoli.

La RAI dei primi anni ’90 torna ad innovare linguaggi e generi, soprattutto sul suo terzo canale, con esperimenti che tuttora sopravvivono nelle loro evoluzioni, all’insegna della cosiddetta “TV verità” di pubblica utilità (Chi l’ha visto? e Mi manda Lubrano) e della satira sociale e politica (La TV delle ragazze, Blob, Schegge); ma nel complesso si allinea ai contenuti commerciali proposti dalle emittenti di Berlusconi, per poi assimilarne anche i modelli produttivi (i “format”, termine entrato nell’uso italiano proprio in quegli anni, iniziano a venire acquistati da società produttrici esterne e spesso anche all’estero, il che comporta un’omologazione culturale dell’offerta, che poi appiattisce anche le aspettative del pubblico) e le strategie gestionali (per i ruoli presidenziali, consiliari e amministrativi vengono nominati sempre più spesso manager e contabili, in nome delle esigenze e logiche di bilancio economico), il tutto improntato alla societarizzazione.

Il clima di concorrenza a tutto campo, sollecitato ulteriormente dalla recessione del 1992, porta la TV a puntare molto sulla programmazione di cinema, complice un periodo d’oro nella produzione hollywoodiana (sono gli anni di Pretty woman e Ghost, due titoli che resteranno seguitissimi anche in replica fino ai giorni attuali), parallelamente alla crisi del cinema italiano, ad eccezione di qualche coproduzione della RAI che ne approfitta anche per rilanciare la sua fiction: sulla scia de La Piovra, gli anni ’90 partoriscono filoni che sopravvivranno fino ai giorni attuali, dal drammatico a sfondo sociale di miniserie come Una vita in gioco e L’avvocato delle donne, alla moderna serialità per famiglie con capostipiti Amico mio, Una donna per amico e Un medico in famiglia, stili presto imitati dal gruppo Fininvest (che nel 1995 si riorganizza, nella costituzione dell’odierna Mediaset) con titoli come Caro maestro.

Anno 1997: Telepiù inizia a trasmettere via satellite e in digitale, attivando anche i servizi aggiuntivi on-demand, ma poco dopo verrà acquisito dal gruppo francese Canal Plus. Ma il 1997 è soprattutto l’anno della Legge Maccanico, che istituisce la nuova Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e introduce una serie di norme antitrust (e pro-pluralismo) per le frequenze dell’etere e per la raccolta pubblicitaria, che comporterebbero il trasferimento di una delle 3 emittenti Mediaset sul satellite e l’eliminazione della pubblicità di una delle 3 emittenti RAI: ma la parte antitrust della legge resterà inapplicata, tra rinvii e cavilli addotti da entrambi i poli televisivi, e la pubblicità rimarrà un introito e presenza notevole nella TV di Stato fino ai giorni attuali, tanto da sostenere persino i programmi a vocazione non commerciale (come il recente Annozero, che Santoro difenderà proprio con l’argomentazione dell’auto-sostentamento mediante la vendita degli spazi pubblicitari).

E sempre il 1997 è l’anno da cui la RAI dispone di un servizio di rilevazione qualitativa sul gradimento, il cosiddetto “Qualitel”, che rileva l’IQS, ossia l’Indice di Qualità e Soddisfazione (del pubblico), che opera con indagini demografiche a campione; ma verrà ignorato, e i suoi dati secretati, onde evitare turbative sul mercato pubblicitario, pertanto i dati Auditel rimarranno il parametro principale su cui anche la TV di Stato si basa per determinare, in maniera sempre più drastica, il valore e le sorti di programmi, palinsesti, canali, personaggi, contenuti, temi, generi, linguaggi.

E l’Auditel nel periodo che volge alla fine del secolo XX, premia i precursori del genere televisivo che impazzerà nel decennio successivo, cioè il reality-show, presente nelle liturgie inaugurate da Stranamore in casa Mediaset e da Carràmba che sorpresa! sulla TV di Stato; discorso analogo vale per la proliferazione del talk-show in tutte le salse possibili, da quella artificiosamente retrò di trasmissioni come Harem, alle contaminazioni con il documentario d’indagine semiseria come avviene con Misteri, mentre il successo quotidiano di programmi brillanti come Striscia la notizia sedimenta nel pubblico l’abitudine all’oggettivazione e marginalizzazione della figura femminile. Il flusso televisivo arriva a coprire le 24 ore, caratterizzandosi per la promozione ormai continua di programmi ed emittenti nei palinsesti interni a ciascuno dei 2 gruppi duopolistici.

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